Facebook e Whatsapp: privacy a rischio

Il 2022 sarà l’anno di svolta per WhatsApp perchè, con l’introduzione della pubblicità, potrebbe perdere diversi iscritti al servizio. Il problema non è tanto legato alla presenza pubblicitaria in se, quanto alla conseguente condivisione dei nostri dati sensibili con terzi.
Ovviamente l’iniziativa è partita da Facebook che , in quanto proprietaria della piattaforma di WhatsApp, ha tutto l’interesse a poter trattare i dati in modo equivalente su entrambe le piattaforme.

Perché la presenza di pubblicità dovrebbe compromettere la nostra privacy?


La risposta a questa domanda è semplice. I social, Facebook e WhatsApp, sono servizi gratuiti, per iscriversi infatti non è richiesto alcun abbonamento.


Di certo questi colossi del web non lavorano per filantropia ma guadagno cifre stellari dalla vendita di servizi ma soprattutto dallo sfruttamento dei nostri dati personali.
Per capire il valore dei nostri dati è necessario partite un pò da lontano e prendere confidenza con qualche tecnica di marketing.

Procediamo con ordine. Quali sono i nostri dati personali a disposizione dei Facebook e WhatsApp?
Tutti stiamo pensando a quelli immessi in fase di registrazione, ad esempio, nome, cognome, indirizzo, data di nascita, residenza, ecc….
Falso o più precisamente, non si tratta solo di questo.


Facebook, in particolar modo, rileva ogni nostra azione svolta sul social. Gli algoritmi dell’applicazione, catturano sia i dati relativi a ciò che leggiamo o consultiamo, sia quelli relativi a ciò che postiamo.

Vi starete chiedendo la finalità di tutto questo interesse nei nostri confronti, o forse sarebbe meglio dire l’interesse per i nostri interessi. I

l gioco di parole introduce perfettamente un concetto chiave legato ad una tecnica di marketing che si basa sulla profilazione del cliente per offrire prodotti e servizi targhettizzati.

Il principio è molto semplice se, ad esempio, leggo tutti i post che trattamento l’argomento ‘gatti’, metto like, inoltro il messaggio a terzi, condivido con il mio pubblico, significa di certo che ho un grande interesse per questo argomento, probabilmente ho un gatto e probabilmente sono interessato ad acquistare prodotti per gli animali (sabbietta, cibo, prodotti per toelettatura, collari, ecc), sarò anche interessato ai servizi per gli animali come ad esempio veterinari nella mia zona, alberghi che accettino animali per le vacanze, pensioni per animali, e così via, all’infinito.

Avrete fatto caso al fatto che i post compaiono in modo mirato dopo aver consultato un certo argomento.

Quello che appare nella nostra bacheca è costruito solo per noi. Il sw crea la proposta commerciale in funzione del profilo che ci è stato fatto.
Ecco la ragione per cui si parola di profilazione.

Le agenzie che si occupano di comunicazione, marketing digitale ma anche gli editori, pagano le piattaforme social per inserire pubblicità mirata. Per far si che questo meccanismo funzioni, è necessario che Facebook condivida i dati del nostro account con terze parti, come si dice in gergo tecnico.

L’inserimento di pubblicità su WhatsApp non farà altro che estendere questo meccanismo ad entrambe le piattaforme che aumenteranno la conoscenza che già hanno degli utenti iscritti.

Cosa potranno ricavare dalle chat di WhatsApp?

Ancora non lo sappiamo con precisione. I fronti aperti sono almeno due.
Da una parte ci sono gli aspetti normativi che purtroppo presentano ancora enormi lacune. La ragione è semplice, la tecnologia corre molto veloce e le norme non possono disciplinare le intenzioni, pertanto vengono formulate le regole solo quando si presentano le situazioni specifiche.
Dall’latro dobbiamo considerare che ad oggi sono stati implementati algoritmi intelligenti in grado di fare alcune cose ma non sappiamo bene fino a che punto si spingeranno le innovazioni tra 12 o 24 mesi.

Per tornare al punto precedente, possiamo immaginare che i dati che ricaveranno da WhatsApp riguarderanno: le foto e i file multimediali scambiati, le keywords, dati sugli orari di frequentazione delle chat, il tempo trascorso in chat, il numero di gruppi, ecc.
Per ora possiamo ritenere salve le conversazioni vere e proprie.

Cosa sono le keywords?

Keywords significa letteralmente parole chiave. Sono parole alle quali vengono associati significati speciali e sono ritenute degne di interesse per codificare i comportamenti degli utenti.
Se, ad esempio, partecipo ad un gruppo su WhatsApp che sia chiama ‘amici del pallone’, probabilmente la parola ‘pallone’ sarà una keyword interessante per inserirmi in una categoria di utenti interessati allo sport, al calcio, alle partite, ecc…

Se il sistema normativo non è in grado di intervenire in modo mirato su alcune modalità di utilizzo dei dati, c’è da chiedersi in che modo tutelino gli interessi degli utenti.
Alcune novità interessanti sono contenute nelle nuovo regolamento europeo sulla privacy n. 679/2016.

Normativa sulla privacy nei social

Il decreto legislativo che ha recepito il regolamento comunitario sulla privacy n. 679/2016, approvato l’8 agosto 2018, ha finalmente posto delle restrizioni alla gestione dei dati informatizzata.
Tra le novità più rilevanti, subentra il cosiddetto ‘diritto all’oblio’ che consiste nel divieto di conservazione dei dati personali oltre il termine indicato per il raggiungimento delle finalità dichiarate in sede di autorizzazione al trattamento dei dati.


Cosa significa nel concreto?

Anche se la formulazione sembra complessa, in realtà, questa nuova norma, abroga la precedente che sanciva il diritto di conservazione dei dati senza scadenza.

D’ora in avanti, quando ci registriamo, ad esempio su un social network, continuiamo a fornire i nostri dati ma il servizio è costretto a cancellarli una volta che chiediamo di recedere chiudendo l’account
Viene meno lo scopo per il quale i dati sono stati raccolti e il social deve cancellarci dai suoi archivi.

I dati inoltre dovranno essere cancellati dietro espressa richiesta dell’interessato, attraverso la revoca del consenso.

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